Il sistema sanitario e le sue fragilità/vulnerabilità: un declino inevitabile?

Le notizie che descrivono una crisi del sistema sanitario possono farci riflettere su un significato non solo negativo del termine vulnerabilità. Partendo dalla relazione di cura e allargando la riflessione alla vulnerabilità dei curanti e del sistema, è possibile descrivere un’apertura generativa che, senza omettere le criticità evidenti del sistema, disegni una strategia nuova nel riconoscimento reciproco degli attori del sistema.

Leopoldo Sandonà, coordinatore del Progetto Etica e Medicina, propone una riflessione sulla vulnerabilità nel sistema sanitario, uno degli ambiti del progetto di ricerca triennale della Fondazione Lanza.

I notiziari specializzati in ambito sanitario sono pieni di news allarmanti sul Sistema Sanitario Nazionale: aggressioni ai curanti, abbandono della professione, fuga verso altri attori del sistema di cura, crollo delle iscrizioni nelle Lauree delle professioni sanitarie. Tali notizie emergenziali possono essere lette sotto la categoria di un “sistema fragile” o “sistema insostenibile” prendendo soprattutto e solamente l’accezione negativa del termine vulnerabilità. Ma se la vulnerabilità, in chiave positiva e propositiva (vedi news Vulnerabilità: un’esperienza esclusivamente negativa?) , è anche intreccio di esperienze, creazione di relazioni che si rinnovano nel contesto di cura, allora questi campanelli d’allarme possono diventare paradossalmente la chiave di volta per un nuovo approccio.

La categoria di cura, connessa a quella di vulnerabilità, viene infatti quasi sempre applicata al contesto dell’alleanza terapeutica tra curante e persona assistita. Senza dimenticare questo significato primario ed insostituibile, gli ultimi anni ci stanno abituando ad allargare lo sguardo. Come prendersi cura dei curanti che sono fortemente segnati dallo stress organizzativo, professionale e anche morale? I segnali che la cronaca rimanda sono quelli di una mancanza di riconoscimento delle professioni della cura, da un lato per una legittima frustrazione professionale di persone sottopagate, superoberate, con l’aggravante della crisi pandemica che ha messo a dura prova un ambiente già al limite. D’altro lato cosa si aspetta la popolazione dal sistema di cura? Ecco che quindi, accanto a vulnerabilità e cura, fa capolino un corollario importante che è quello del riconoscimento: riconoscimento delle giuste rivendicazioni professionali, riconoscimento dei bisogni della popolazione, reciproco riconoscimento di curanti e persone assistite, giusta attesa della popolazione nei confronti di ciò che il sistema può offrire, formazione e informazione rispetto alle tematiche socio-sanitarie. Quel primo ambito di cura, nella relazione interpersonale tra curante e assistito, deve trovare quindi un contesto favorevole per non diventare un campo di battaglia in cui si concentrano rivendicazioni, frustrazioni, in ultima analisi anche contenziosi.

Da questo scenario allargato emerge un terzo ambito di presa in carico secondo la cura: non solo farsi incontro all’altro, non solo prendersi cura dei curanti ma anche prendersi cura del sistema di cura. Qui torna il riconoscimento, a partire dai vissuti degli operatori come dell’opinione pubblica. Nel contesto sociale e allocativo il riconoscimento si fa però anche richiesta di sostenibilità e resilienza rispetto al futuro. La vulnerabilità anche in questo caso diviene generativa, guardando alle possibilità per il futuro, senza nascondere le criticità. È necessario infatti fare dei sacrifici rispetto alle attese che la popolazione poteva riporre nel sistema sanitario qualche decennio fa, ma è altresì necessario rimotivare gli operatori e i professionisti. Non mancano studi e indicazioni autorevoli che indicano già alcune possibili buone pratiche (Rapporto Oasi, studi del Gimbe, solo per fare alcuni esempi). Se l’ambiente della sanità, come ci dimostra la pandemia, non è un luogo separato dalla vita di tutti i giorni, ma entra nella quotidianità di tutti e ciascuno, la casa da ristrutturare non può essere abbandonata, ma richiede lo sforzo di tutti i suoi abitanti per continuare ad essere casa abitabile ed accogliente anche per il futuro.

Foto di Matheus Ferrero su Unsplash

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